Antonio Canova

1. Endimione dormiente, 1819 - 22, gesso

Nel maggio 1819 Antonio Canova ebbe da William Cavendish, VI duca di Devonshire, la commissione di una scultura senza indicazione di un soggetto. L’artista eseguì allora un Endimione dormiente e il modello era già terminato nell’agosto.
Eroe della mitologia greca e figlio di un re, il mito lo racconta amato da Selene, la Luna, dalla quale ebbe 50 figlie. Ricevette da Zeus l’eterna giovinezza, che gli donò la possibilità di sostituire la morte con un sonno eterno, sul monte Latmo dove l’amata lo ritrovava ogni notte. La straordinaria bellezza dell’eroe fu soggetto frequente dell’arte antica. Il pastore è rappresentato dall’artista neoclassico immerso nel sonno con il braccio destro sollevato sopra il capo e le mani mollemente abbandonate. Si trova disteso su una clamide mentre stringe delicatamente due dardi che richiamano la caccia mentre un cagnolino, un cerneco dell’Etna, siede ai suoi piedi, lo veglia ed amorosamente lo guarda, attendendo il momento del risveglio.

2. Le Grazie, 1813, gesso

Le Grazie costituiscono il capolavoro dell’intero movimento neoclassico, nonché una delle opere più celebrate di Antonio Canova, dovuto soprattutto al sentimento di stupore che si prova alla vista di tre figure femminili rese a grandezza naturale e ricavate da un unico blocco di marmo. Il gruppo fu richiesto dall’imperatrice Joséphine de Beauharnais, tra i principali mecenati di Canova. L’opera rappresenta le tre fanciulle figlie di Zeus e della dea Oceanina Eurìnome: Aglaia, incarnazione dello splendore, Eufrosine, della gioia e della letizia, e Talia che rappresenta la prosperità. La scultura esprime al massimo il significato e l’essenza più profondi del pensiero elaborato in seno alla cultura neoclassica, rappresentando in maniera esemplare l’idea del bello calato in una forma perfetta e in sé compiuta.

3. Amore e Psiche – dettaglio,  1796, gesso

Alla fine del XVIII secolo, Canova era una figura di spicco del movimento neoclassico, le cui teorie furono formulate per la prima volta nelle opere dello studioso tedesco Johann Joachim Winckelmann. L'arte antica, secondo Winckelmann, raggiungeva le vette della bellezza ideale e doveva essere imitata nelle opere moderne. Cercando di incarnare il suo concetto di bellezza ideale, Canova rappresentò ripetutamente Amore e la sua amata, Psiche. Il gruppo scultoreo rappresenta la storia d’amore tra il dio Eros e la bellissima, ma terrena, Psiche.
Le due versioni di Amore e Psiche stanti furono commissionate ad Antonio Canova appena trentenne dal colonnello scozzese John Campbell. La prima, venduta a Gioacchino Murat, oggi si trova al Museo del Louvre. La seconda, ceduta a Joseéphine de Beauharnais, moglie di Napoleone, la acquistò infine lo Zar Alessandro I di Russia, che la portò all’Hermitage di San Pietroburgo. Psiche assume un atteggiamento di gentile innocenza e sorregge la mano di Amore, sulla quale poggia delicatamente una farfalla, tenendola per le ali con le dita. La piccola creatura illustra la sensibilità di Canova nel trattare il marmo ma è anche simbolo dell’anima che la fanciulla dona al suo amato e rappresentazione della fragilità e della brevità della vita.

Testi a cura del Museo Gypsotheca Antonio Canova


Nel 2022 ricorrono i 200 anni dalla morte dello scultore Antonio Canova (Possagno, 1 novembre 1757 – Venezia, 13 ottobre 1822) - Scultore e pittore

Cominciò a lavorare nello studio della scultura dei Torretti a Pagnano d’Asolo nel 1768, poi frequentò la scuola di nudo all’Accademia delle Belle Arti di Venezia e studiò disegno ispirandosi ai calchi in gesso della Galleria di Filippo Farsetti. A questo periodo risalgono le prime opere che lo resero famoso: Orfeo e Euridice (1776), Dedalo e Icaro (1779). Nel 1779 fu a Roma, dove produsse celebri opere ispirate a soggetti mitologici e i monumenti funebri dei papi Clemente XIII e XIV e Maria Cristina d’Austria. Ricevette dall’ambasciatore veneto Girolamo Zulian alcune commissioni tra cui Teseo sul Minotauro (1781) e Psiche (1793). Nel 1798 tornò a Possagno e si dedicò alla pittura, tornando poi a Roma nel 1800. Nel periodo napoleonico scolpì il Napoleone di Apsley House, i busti dei Napoleonici, il marmo di Letizia Ramolino e Paolina Bonaparte di villa Borghese. Gli fu conferito il titolo di Marchese d’Ischia per l’impegno nel riportare in Italia alcune opere artistiche trafugate da Napoleone. Nel 1819 a Possagno iniziò la costruzione del Tempio che progettò per la comunità come chiesa parrocchiale e che fu completato dieci anni dopo la sua morte, avvenuta a Venezia il 13 ottobre 1822. 

Biografia tratta dal sito web del Museo Gypsotheca Antonio Canova


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Ultimo aggiornamento: 28-12-2023