800 anni UNIPD: Eventi storici

Universa universis Patavina libertas

Così recita il celebre motto dell’Università di Padova, una delle più antiche e prestigiose d’Europa, di cui nel 2022 ricorrono gli 800 anni della fondazione.
Nessun altro aspetto ha caratterizzato più a fondo e più a lungo l’istituzione accademica padovana rispetto alla sua celebre libertas. Dalla fondazione nel 1222 alle dispute accademiche sulla mortalità dell’anima, dagli anni in cui in cattedra sedeva Galileo Galilei ai moti del 1848 sino alla Resistenza, la libertas padovana ha rappresentato un riferimento costante per chiunque abbia corso il pericolo di essere limitato nel corpo quanto nel proprio intelletto.
Nella ricorrenza degli 800 anni dalla sua fondazione, l'Università ha pubblicato un volume che ripercorre i momenti salienti della sua lunga storia; di seguito vengono riportati alcuni eventi di particolare rilevanza.
 

Il Duecento

Il 1222 è riconosciuto come l’anno di fondazione dell'Università. 
A quel momento risale, infatti, la prima registrazione notarile di una regolare organizzazione universitaria patavina, lo Studium Patavinum.
Sorta senza previa autorizzazione da parte delle massime potestà medievali (impero e papato), l’Università di Padova nasce grazie alla favorevole congiuntura di alcuni fattori: da una parte la massiccia trasferta da Bologna di docenti e professori e dall’altra la benevolenza e il supporto del Comune. Alla ricerca di libertà di cultura e di espressione e di una sede ospitale per gli studi, a Padova tra il 1224 e il 1241 sono presenti scolari e dottori provenienti da vari paesi europei soprattutto dall’area di lingua tedesca, ma anche dall’area francese, provenzale, inglese, spagnola, polacca, ceca, ungherese e da varie parti dell’Italia. Anche nello Studio padovano, come per quello bolognese, si riconoscono in questo periodo tre distinte componenti: le corporazioni degli scolari, i Collegi dei dottori, il cancelliere.
Lo sviluppo e la crescita dello Studio padovano in questo periodo è da collegarsi anche all’insediamento in città dei frati predicatori di San Domenico, ordine particolarmente aperto alla cultura. E nemmeno i venti anni di dominio di Ezzelino III da Romano (1237-1256) arrestano lo sviluppo di questa nuova Università e la sua cacciata, anzi, ne segna un’ulteriore fioritura. La chiusura del secolo porta Padova, ultima superstite tra le città a regime autonomo del Veneto, verso la fase probabilmente più importante e fastosa della sua storia indipendente.

Il Cinquecento

Il Cinquecento si apre per l’Università di Padova con l’interruzione della maggior parte delle attività.
Gli anni della guerra di Cambrai (1508-1516) trasformano infatti Padova, per il suo fondamentale ruolo strategico e logistico nelle operazioni di difesa e riconquista della Terraferma da parte dei veneziani, da ‘città degli studi’ a città delle armi.
Dal 1530 tuttavia ricomincia a crescere il numero degli scolari (nel 1542 i rettori veneziani ne stimano a Padova circa 1300) e insieme anche il bilancio dell’Ateneo che nel 1538 consente di attivare circa sessanta cattedre.
Superati i primi anni, il Cinquecento si trasforma nel secolo d’oro per l’Università, che contribuisce a trasformare la città di Padova in centro del rinascimento scientifico. Ed è anche il secolo in cui l’Ateneo acquisisce la sua sede centrale, Palazzo Bo (Hospitium Bovis), acquistato definitivamente nel 1539.
Ma se lo Studio sembra ben riprendersi dalla crisi in cui versava dopo la guerra, nella seconda metà del secolo si registra un drastico declino del potere studentesco e lo scoppio di violenti tumulti nel 1560 porta il Senato alla decisione di privare in modo definitivo gli studenti della possibilità di scegliere i professori, togliendo così ogni vincolo di dipendenza dei docenti dagli studenti.
Il ‘500 si caratterizza però anche per alcune importanti iniziative che contribuiscono a riaffermare l’Università patavina come la più avanzata nella ricerca scientifica e nelle strutture. Risale al 1545 infatti la fondazione del primo Orto botanico del mondo mentre nel 1595 viene realizzato il più antico Teatro Anatomico.
Con la ‘convivenza’ tra la ‘tutela’ della Repubblica sullo Studio e la ‘Patavina libertas’ in qualche modo ancora garantita, il secolo della Controriforma, che interessa e coinvolge anche l’Università di Padova e i suoi studenti, si chiude in sostanziale continuità con il ‘600 che inizia.

L'Ottocento

Con il decreto napoleonico di Saint-Cloud, del 1806, l’Università di Padova viene eguagliata a quelle di Pavia e di Bologna e l’autonomia di cui aveva goduto per secoli, viene ora negata nel nome di un’università nuova.
Con l’inizio della terza dominazione austriaca, comincia un periodo di relativa stabilità e lo Studio perde del tutto la sua antica fisionomia. Nonostante il rigoroso controllo austriaco sulla struttura amministrativa e l’insegnamento, l’Università si mantiene fedele alle sue antiche tradizioni sia nel valore e nella responsabilità di molti docenti, sia nel merito degli studenti tra i quali rimane vivo lo spirito di libertà e indipendenza che nei secoli aveva distinto l’Ateneo; spirito che è alla base anche dell’insurrezione studentesca dell’8 febbraio del 1848 (e delle altre che si verificheranno fino al 1866) che vede uniti nella rivolta contro gli austriaci studenti e cittadini.
Con l’annessione del Veneto al Regno d’Italia (1866) si apre una nuova fase per l’Università padovana che nel 1872 viene parificata alle altre del Regno e torna ad avere un’identità che si proietta anche fuori dai confini nazionali.
Palazzo Bo non è più sufficiente ad accogliere tutte le scuole e ha inizio quindi, verso la fine del secolo, la politica di decentramento degli istituti scientifici.

Il Novecento

Al volgere del secolo, l’Ateneo riacquista una proiezione internazionale e investe nella costruzione di un primo quartiere dedicato alle scienze.
Dopo la battuta d’arresto dovuta alla Prima Guerra Mondiale, durante la quale molti studenti e docenti lasciano gli studi per le armi, nel ventennio fascista proliferano i nuovi edifici: l’istituto di anatomia patologica, la clinica chirurgica, gli istituti lungo il Piovego, la mensa scolastica, la casa dello studente. Risalgono al rettorato Anti (1932-1943) le radicali modifiche nel Palazzo del Bo e la costruzione del Liviano, dell’istituto di Fisica, dell’osservatorio astrofisico di Asiago e della stazione idrobiologica di Chioggia. Negli stessi anni, l’Università perde docenti e studenti, epurati perché ebrei. Come già nella Prima Guerra Mondiale, anche nella seconda molti sono i caduti universitari: uno degli apici dell’impegno per la libertà del Paese era stato nel 1943, quando il rettore Concetto Marchesi aveva invitato gli studenti e i docenti a lottare contro il fascismo, pronunciando nel discorso di inaugurazione dell’anno accademico quella che fu definita “una dichiarazione di guerra dell’Università di Padova agli oppressori d’Italia”.
Il primo anno accademico di pace dopo la Seconda Guerra Mondiale si aprì il 12 novembre 1945 alla presenza del capo di governo Ferruccio Parri che conferiva all’Università di Padova, unica tra gli atenei italiani, la medaglia d’oro al valore militare per il ruolo avuto nella Resistenza.
Nel dopoguerra, all’ampliamento dell’offerta culturale si affianca una notevole espansione edilizia e il decentramento in altre città del Veneto. Viene creato il campus di Agripolis e, nell’area del Piovego, vengono costruiti nuovi complessi per lo studio e la ricerca. L’Università di Padova aderisce al progetto europeo Erasmus fin dalla sua prima fase, nel 1987.

Testi a cura dell'Università degli Studi di Padova, Ufficio Comunicazione,  Area Comunicazione e marketing


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Ultimo aggiornamento: 29-12-2023