busto maschile / sec. II d.C. (prima metà)

Le labbra sono state rimodellate in età moderna; moderno è anche il peduccio in marmo italico. Dell'opera veneziana, precedentemente conservata alla Ca' d'Oro, esiste una copia in gesso appartenuta alla Collezione Mantova-Benavides, conservata nel Museo dell'Istituto Archeologico dell'Università di Padova. A differenza di alcune riproduzioni affini in bronzo, conservate nell’Antisala della Pinacoteca di Napoli e nella Residenza di Monaco, senz’altro riferibili all’età moderna, non vi sono valide ragioni per dubitare che il ritratto di Venezia sia autentico. Diverse, piuttosto, sono le interpretazioni in merito al personaggio rappresentato: alcuni, tra cui Dietrichson e Marconi, hanno ritenuto di poterlo identificare con Antinoo, il giovane bitinio amante di Adriano, che morì in Egitto nel 130 d.C. affogando nel Nilo in circostanze oscure. Per quanto il busto abbia una notevole affinità tipologico-stilistica con le effigi di Antinoo, è più probabile, come già indicato da Anti e ribadito poi da Traversari, che esso rappresenti il ritratto generico di un giovane del periodo adrianeo. Un esame accurato dei particolari iconografici ne scoraggia infatti un accostamento puntuale, che ha però il merito di suggerire un preciso inquadramento cronologico-stilistico del pezzo. Validi confronti sono piuttosto i numerosi marmi dell’iconografia privata di epoca adrianea, tra cui si ricordano quelli conservati presso lo Staatliche Museen di Berlino, il Museo Nazionale di Napoli, il Museo Capitolino e il British Museum. Il ritratto veneziano va dunque annoverato tra i prodotti della corrente classico-baroccheggiante romana di epoca adrianea che, pur ispirandosi a modelli greci, li priva del loro originario equilibrio formale, gravandoli con motivi o forme decorative secondo il gusto del tempo.

Descrizione

Ritratto maschile di ragazzo, con capigliatura movimentata dal contrastante gioco di luci e ombre create dalle singole ciocche ricciute, con accentuati effetti coloristici. Il volto, le cui superfici si sviluppano a larghi piani modulati con chiarezza plastica, assume un'intonazione classica, ma non è privo di una certa espressività, come indica lo sguardo rivolto verso destra, reso intenso dagli occhi con le pupille e l'iride leggermente incise; le labbra sono carnose. Il busto è sviluppato fin quasi ai pettorali e con le braccia tagliate poco sotto l'ascella.

Dettagli

Tipologia

Beni Archeologici

Collocazione specifica

Museo Archeologico Nazionale di Venezia

Localizzazione geografico-amministrativa attuale

VENEZIA (VENEZIA)

Materia tecnica

marmo bianco a grana fine/ marmo bianco

Misure

cm. 49

Definizione culturale

periodo romano/ età imperiale/ epoca antoniniana/ corrente classico-baroccheggiante

Link scheda estesa

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MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE DI VENEZIA
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MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE DI VENEZIA

Il Museo Archeologico Nazionale, situato nella sede delle Procuratie Nuove, fa parte del Percorso integrato “I Musei di Piazza San Marco”, insieme alle Sale Monumentali della Biblioteca Marciana, il Museo Correr e Palazzo Ducale. Il Museo è un museo di collezionismo di antichità, essendo costituito dalle opere raccolte da insigni famiglie veneziane a partire dal XVI secolo e affidate con estrema lungimiranza alla conservazione della Repubblica della Serenissima. Le sue origini infatti risalgono al lascito di Domenico Grimani e alla donazione di Giovanni Grimani, due raffinatissimi prelati rinascimentali che, rispettivamente nel 1523 e nel 1587, lasciarono la maggior parte delle loro collezioni di manufatti antichi allo Stato, come manifestazione del prestigio della loro famiglia, ma anche per conservare ai posteri “la memoria delle cose antiche”. Tali opere costituiscono oggi il nucleo dello Statuario Pubblico, tipica espressione del gusto rinascimentale, allestito nel 1596 da Federico Contarini nell’Antisala della Libreria di S. Marco e attualmente visibile in una ricostruzione parziale del 1997. Essa è stata resa possibile grazie al catalogo dei tre meravigliosi volumi manoscritti dei cugini Zanetti, pubblicato fra il 1740 e il 1743. Il Museo espone al pubblico soprattutto sculture antiche, tra le quali alcuni considerevoli originali greci, bronzi, ceramiche, gemme e monete e la collezione archeologica data in deposito dal Civico Museo Correr, che comprende anche antichità egizie e assiro-babilonesi. Nel corso dei secoli XVII e XVIII continuarono le donazioni, ma il progetto di una nuova sistemazione preparato con la consulenza del Canova, non fu mai realizzato perché il Museo con la Biblioteca, per ordine di Eugenio de Beauharnais, viceré d’Italia, fu trasferito nel 1812 a Palazzo Ducale, con conseguente smembramento dello Statuario Pubblico. I marmi, dapprima dispersi nell’intero palazzo, vennero riuniti nel 1846 nell’appartamento del Doge. Gli studi di insigni archeologi, che riconobbero nei marmi di Venezia veri capolavori dell’arte antica, portarono solo alla fine del XIX secolo ad un razionale riordino delle collezioni (1899). Dopo la prima guerra mondiale venne creato il nuovo Museo Archeologico nel Palazzo Reale, donato dal Re Vittorio Emanuele III. Il Museo Archeologico di Venezia fu così ordinato nella sede attuale al primo piano delle Procuratie Nuove da Carlo Anti tra il 1923 e il 1926. Le statue, private in gran parte delle integrazioni dovute ai restauri cinquecenteschi, furono disposte in dodici sale suddivise per epoche, per correnti artistiche e per soggetti, con l’intento di presentare una panoramica della scultura classica greca e romana dal V sec. a.C. al III sec. d.C. In una sala trovarono posto il medagliere, avori, gemme e piccoli bronzi. Tale sistemazione rimase pressoché inalterata nell’ampliamento del Museo attuato da Bruna Forlati tra il 1949 e il 1954, in seguito al deposito Correr del 1939. Le raccolte veneziane furono arricchite nel 1961dalla definitiva assegnazione all’Italia, nell’ambito degli accordi post-bellici, di parte delle collezioni del Museo di S. Donato di Zara, comprendenti ceramiche, vetri e gemme e soprattutto dell’inestimabile reliquario in avorio, noto come la “Capsella di Samagher” , proveniente da Pola, un unicum nella storia della arte cristiana, della storia della Chiesa e della storia romana. Al 1982 si data infine la donazione di oggetti protostorici in bronzo da parte di Giancarlo Ligabue. Il Museo  è aperto tutti i giorni dalle 10.00 alle 17.00 (dal 1 novembre al 31 marzo) e dalle 10.00 alle 19.00 (dal 1 aprile al 31 ottobre). (...)