L’incontro con il Giotto nascosto

L’incontro con il Giotto nascosto

Delegazione Pontificia per la Basilica di Sant’Antonio in Padova

Concluso il cantiere di restauro degli affreschi giotteschi dell’arco della cappella di Santa Caterina nella Basilica del Santo

L’incontro con il Giotto nascosto


Padova, 25 gennaio 2022
Si è concluso il restauro dell’arco di ingresso della cappella di Santa Caterina (o delle Benedizioni) nella Basilica di Sant’Antonio. L’intervento, durato nove mesi, ha permesso la salvaguardia e lo studio di un’opera fondamentale per comprendere il percorso di Giotto da Assisi a Padova, una sorta di “prova generale” della Cappella degli Scrovegni

La straordinarietà del restauro sta nell’acquisizione di molti particolari usciti dalla mano di Giotto, che non erano più leggibili, sia per i danni del tempo, il denso strato di sporco, le efflorescenze dei sali a causa delle passate infiltrazioni di acqua e umidità, ma anche di svariate ridipinture che avevano ricoperto molte parti degli eleganti racemi stesi a mano libera su fondo rosso pompeiano direttamente confrontabile con quello dipinto dal Giovane Giotto ad Assisi e delle cornici prospettiche con motivi cosmateschi. Anche molti particolari dei volti delle sante dipinte entro quadrilobi oggi tornano a spiccare.

Il restauro è stato promosso dalla Delegazione Pontificia per la Basilica di Sant’Antonio in Padova, nella persona dell’Arcivescovo Fabio Dal Cin, sotto il diretto controllo della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio dell’area metropolitana di Venezia e le province di Belluno, Padova e Treviso, diretta dal Soprintendente Fabrizio Magani, con Monica Pregnolato come storica dell’arte. La direzione scientifica è stata affidata a Giovanna Valenzano con la direzione tecnica di Cristina Sangati di AR Arte e Restauro.

Il lavoro sugli affreschi giotteschi è stato il frutto di una sinergia tra la Delegazione Pontificia della Basilica, il Comune di Padova con l’Assessorato alla Cultura, l’Università di Padova e la Fondazione Cariparo.

“Un restauro che si attendeva da molti anni, di cui era già stata indicata la necessità nel 1968, quando le pitture dell’arco sono state stato ricondotte per la prima volta a Giotto - sottolinea il Delegato Pontificio per la Basilica del Santo, l’Arcivescovo Fabio dal Cin – L’intervento negli ultimi anni era divenuto veramente inderogabile. Il restauro è testimonianza concreta di come la Delegazione Pontificia ha a cuore i destini della basilica del Santo. Ne è valsa la pena: salendo sui ponteggi non ho potuto non rendermi conto di come Giotto avesse dipinto i volti delle sante martiri come veri e propri ritratti di donne, una diversa dall’altra, pur nell’unità. Donne accomunate dalla scelta del martirio, che recano alternativamente nella mano destra, la palma e la croce. Un’emozione che andava restituita ai fedeli, alla comunità francescana, alla città, al mondo intero”.

“Sono particolarmente contento per questo intervento di restauro che ci ha permesso di salvaguardare e offrire ai visitatori e ai fedeli affreschi di Giotto ancora poco conosciuti - sottolinea il sindaco di Padova Sergio Giordani -  Quando, la scorsa estate, l’Unesco ha inserito i cicli degli affreschi trecenteschi della nostra città nella prestigiosa Word Heritage List,  ho detto che questo importantissimo riconoscimento non era per Padova, e per tutti noi, un punto di arrivo, bensì un punto di partenza nel nostro impegno per valorizzare, studiare, proteggere e promuovere questo straordinario patrimonio artistico che appartiene a tutta l’umanità. L’intervento promosso dalla Delegazione Pontificia per la Basilica di Sant’Antonio in Padova, va proprio in questa direzione: continuare a lavorare tutti in sinergia, come abbiamo fatto nella fase della candidatura Unesco per prenderci cura di questi affreschi trecenteschi che sono un elemento fondamentale dell’identità e anche dell’anima della nostra città”.


“Si è concluso il restauro dell'arco d'ingresso della Cappella di Santa Caterina. Un momento finale, di pieno successo, da intendere come inizio. Questa è l'impressione dopo la conferma della paternità giottesca degli affreschi recuperati, che andrà rivalutata nella più articolata decorazione della Cappella – dichiara Fabrizio Magani Soprintendente Archeologia , Belle Arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Venezia e le province di Belluno, Padova e Treviso -  I recenti studi sulla committenza Scrovegni degli affreschi, le fisionomie, le figurazioni geometriche e naturalistiche, il loro impianto di gusto antiquario con la riproposizione pittorica di marmi colorati, s'inseriscono a pieno titolo nel programma di valorizzazione dei cicli trecenteschi padovani, che sono il cuore del riconoscimento di sito Unesco. La Basilica del Santo torna a essere protagonista del restauro e della ricerca sul patrimonio storico artistico e la Soprintendenza, come sempre, le sta al fianco”.   


“Si sono recuperate intere porzioni della decorazione vegetale originaria, di cui rimangono molti tratti della pellicola pittorica originale. Una ulteriore scoperta, solo apparentemente meno eclatante, ma che in realtà farà discutere gli storici dell’arte, è la messa in luce della decorazione a finto marmo del semipilastro di destra – dichiara la professoressa Giovanna Valenzano, direttrice scientifica del restauro - 
La pulitura della parte superiore ha riportato in piena evidenza la carnosità delle foglie del racemo su fondo verde che precede il tipo di decorazione direttamente confrontabile con quella degli Scrovegni. Un’altra importante novità, è il recupero di gran parte della partitura dei finti marmi originale, completamente diversa dalla ridipintura novecentesca del Cherubini, sia nel colore bianco/grigio chiaro, che sembra voler alludere al marmo pario, sia nel taglio delle finte lastre; infatti la cornice che circonda la prima lastra di finto marmo non cade al centro della semicolonna, ma a due terzi, un dato che mostra ancora una volta l’attenzione di Giotto allo studio dei punti di visione, la scienza del vedere, la perspectiva, come era indicata nel medioevo con il termine latino.”

Gilberto Muraro, Presidente di Fondazione Cariparo, dichiara: “Il risultato di questi restauri ci rende orgogliosi, come amministratori e come cittadini. Da sempre a fianco della Basilica del Santo, il nostro ente ha voluto confermare il proprio supporto a questa importante operazione che ha il merito non solo di aver restaurato i preziosi affreschi della Cappella di Santa Caterina, ma soprattutto di averne confermato la paternità giottesca. Un lavoro, quindi, non solo di valorizzazione del patrimonio artistico, ma anche di importante contributo alla ricerca.”

Per Andrea Colasio, assessore alla Cultura del Comune e ¬coordinatore del Comitato per Padova Urbs Picta “il patrimonio artistico della nostra città è così ricco e prezioso da regalarci non di rado delle significative sorprese. Il restauro di questi affreschi, che fin dal 1968 sapevamo di Giotto, ma che non conoscevamo così in profondità a causa delle condizioni di conservazione e di alcuni interventi del passato, piuttosto invasivi, ci ha permesso di ritrovare, in numerosi particolari il tratto del grande pittore e di apprezzarne le originali scelte stilistiche. È un tassello importante che arricchisce le nostre conoscenze dell’attività di Giotto a Padova e un elemento di quel più ampio lavoro di salvaguardia e valorizzazione di tutti gli affreschi trecenteschi che hanno ricevuto il riconoscimento Unesco. I cicli affrescati di Urbs Picta rappresentano un patrimonio di inestimabile valore non solo per la città, ma per l’arte e la cultura di tutto il mondo e noi vogliamo non solo custodirlo ma anche conoscerlo più a fondo. Gli studiosi di tutto il mondo guardano oggi a Padova come la capitale mondiale dell’affresco e questo pregevole intervento nella Basilica di Sant’Antonio conferma l’attenzione per questo patrimonio che la storia ci ha tramandato e la serietà con cui gli assicuriamo il futuro”.

Laddove non vi era possibilità del recupero della pittura originaria si è lasciata l’opera dell’artista/ restauratore Cherubini, intervenendo con abbassamento cromatico a gessetti là dove l’alterazione cromatica dei colori rendeva incongruente la lettura complessiva delle immagini, secondo una modalità di conservazione del restauro storicizzato suggerito da Monica Pregnolato, impiegato anche nel restauro degli affreschi di Giusto dei Menabuoi al Battistero di Padova.

Si sono messe in sicurezza proprio le due sante meglio conservate, quelle pubblicate per la prima volta da Francesca Flores D’Arcais nel 1968 in un articolo pubblicato sul Bollettino d’Arte. Da allora mai nessuno ha messo in dubbio l’attribuzione, ma le molte ridipinture hanno fatto scrivere nelle didascalie di alcune immagini Giotto e Cherubini, l’artista a cui fu affidato il primo restauro documentato nel 1924 e che ha rifatto su un intonaco steso ex novo la prima santa di sinistra e il rifacimento parziale di altri volti di sante.  

L’intervento è stato preceduto da una dettagliata campagna fotografica eseguita da Michele Barollo del Dipartimento dei Beni culturali, che ha documentato lo stato di degrado delle pitture con foto fatte sui ponteggi prima degli interventi di consolidamento, prima della pulitura, dopo la pulitura e al termine del reintegro pittorico. 

Le indagini diagnostiche sono state eseguite dal Ciba Centro Interdipartimentale di Ricerca Studio e Conservazione dei Beni Archeologici, Architettonici e Storico Artistici dell’Università di Padova, diretto da Rita Deiana, con una ampia campagna di indagini non invasiva e alcuni prelievi per comprendere le ragioni del degrado e individuare le modalità operative più adatte.

Tutte le scelte operative sono state condivise dalla direzione scientifica dei lavori (Giovanna Valenzano), l’Alta Sorveglianza della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Venezia e le province di Belluno, Padova e Treviso (Monica Pregnolato) e la direzione tecnica (Cristina Sangati). 

Gli affreschi, nei secoli passati erano stati scialbati, coperti da uno strato duro di malta. Dopo la loro scoperta, agli inizi del Novecento sono stati messi in luce per la prima volta. L’intervento allora compiuto, eseguito da muratori non specializzati, ha portato ad abrasioni e cadute di colore, la perdita di molte preziose decorazioni. Giuseppe Cherubini, incaricato di colmare le lacune e risarcire in stile le parti mancanti, è intervenuto non solo sui nuovi intonaci novecenteschi ma anche ridipingendo in larga misura alcune parti originali. Lo studio delle foto storiche, grazie alle lastre messe a disposizione del Centro studi antoniani, che sono state scansionate dal fotografo Giuliano Ghirardini dei Musei, insieme alle indagini multispettrali realizzate da Rita Deiana, hanno permesso di individuare le aree più adatte per le prime prove di pulitura, iniziate dopo la delicata fase di consolidamento degli intonaci e della pellicola pittorica. Dai primi felici risultati raggiunti si sono a poco a poco estese le aree fino a raggiungere la pulitura di tutta la superficie.


Contatto per Ufficio Stampa Delegazione Pontificia per la Basilica di S.Antonio in Padova 
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Data

25/01/2022